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Parole & pensieri dell'Autore
Dalla serie
Città d'Italia
e del mondo
Introduzione
alla nuova produzione dell'artista Sersalensis
I
lavori in questo articolo ampiamente trattati sono oggetti
che raffigurano i più belli scorci di diversi centri rurali
e città italiane, e diventano capolavori perché interpretati
usando linguaggi stilistici e tecniche artistiche diverse.
Le opere sono composte da tegole realizzate
interamente a mano e cotte in un forno tradizionale che fa da
supporto a dipinti di scorci, strade, piazze, di città dell'hinterland
catanzarese, per proseguire per tutte le più belle città d'Italia
e del mondo intero. Ogni pezzo (tegola) differisce in quanto
a misura e simmetria da un'altro pezzo, ciò rende il lavoro "ricercato" e
di grande pregio artistico, perché in effetti sono un ricordo
dell'artigianato prima dell'arrivo della produzione in serie
industriale. L'opera inizialmente nasce nell'intenzione di contribuire
a pubblicizzare le bellezze paesistiche di Cerva e dei suoi Murales,
ma visto il grande successo riscosso, l'idea si allarga e diventa
un progetto che abbraccia i centri paesistici più belli dell'hinterland
e dell'Italia intera. Per ora è usata la tegola antica per la
realizzazione delle mie opere, in futuro ho intenzione di utilizzare
riproduzioni di sezioni di anfore greche e romane e di cocci
e vasellame più recente appartenuto alla società e cultura contadina
calabrese tipo "a Vumbula", "u Salaturu" "a pignatella" ed
altro.
Le tegole sono state prelevate
direttamente dalla tettoia del lucernario di casa mia (ora sostituito
da materiale più moderno) e quelle che si presentavano in uno
stato di conservazione migliore sono state utilizzate per creare
nuovi oggetti. Queste tegole risalgono all'incirca ai primi anni
del novecento.
Le mie tegole - da non confondere con i diversi
manufatti artigianali le cosiddette "tegole artistiche" addobbate
di impellicciature e acconciature che le avvicinano e le accomunano
ai presepi della tradizione italiana contadina - sono da considerare
a tutti gli effetti opere d'arte originalissime in quanto costituite
da un accostamento di Arte e Design.
In altre parole, non è solo il dipinto che fa l'opera d'arte, ma è anche
la tegola da sempre usata con un fine e uno scopo diverso, differente
da quello puramente artistico, che in questo caso diventa non solo
un supporto per un dipinto ma, anche una lampada ad appliquer:
la sua funzione di oggetto di copertura per la protezione dalla
pioggia e dalla neve degli edifici, è completamente stravolto,
modificato e adattato a creare, in base alla fantasia dell'artista
oggetti nuovi, arte assoluta.
È dal 1890 che in Italia,
e solo gli Italiani si sono inventati questo genere artistico,
e stilistico, nel tentativo di eliminare la distanza che separa
l'arte dalla vita, accostando e fondendo in un unica opera, ricerca
artistica e progettuale.
Al riguardo, ci sono critici e artisti dal parere
contrastante: alcuni vorrebbero far risalire questo genere al "Dadaismo",
ma, il dadaismo (dal nome "dada" termine usato senza un significato
preciso dato a questo movimento "anti-artistico" internazionale)
vide la vita fuori dall'Italia, fu fondato a Zurigo in Svizzera
nel 1915, ad opera del poeta rumeno Tristan
Tzara (il vero nome di questi era Sami
Rosentock). Il centro principale delle attività fu il Cabaret
Voltaire di Zurigo dove poeti, pittori, scrittori, musicisti, con
gli stessi interessi si radunavano per partecipare ad attività sperimentali,
quali poesia astratta, musica-rumore, pittura automatica. Il movimento
dada trova a cavallo tra il 1919 e il 1922 a Parigi un terreno
fertile in cui affermarsi attraverso l'interpretazione di artisti
dell'arte visiva del calibro di Marcel
Duchamp (che ne esportò i principi negli Stati Uniti) e Francis
Picabia. Tipico del movimento dada è il culto per tutto ciò che è irrazionale,
al di fuori della ragione e dell'ordine costituito delle cose.
Il prodotto artistico che maggiormente rappresenta questo movimento è il "ready-made":
un manufatto ordinario tolto dall'oggetto originario e messo in
mostra come opera d'Arte.
L'accostamento tipicamente
italiano di arte e design, a mio parere, non ha nulla a che fare
con il dadaismo, in quanto questo movimento cerca con ogni mezzo
anche violento di stupire attraverso l'uso di tutto ciò che è irrazionale,
tutto il contrario del modello italiano (con riferimento in particolare
al mio stile artistico) che attraverso il razionale cerca di
ricostruire l'ordine armonioso delle cose. I critici d'arte potrebbero,
ad esempio, associare la mia produzione al "Futurismo", perché,
come essi stessi affermano vedrebbero in essa elementi che la
legano alle fase iniziale del futurismo, del resto, un esame
attento del movimento futurista, discosta come dimostrerò in
seguito, il mio lavoro da questo modello artistico.
Il "Futurismo" definito la prima vera e
unica avanguardia artistica Italiana del novecento, fondata a Milano
nel 1909 dallo scrittore e letterato Filippo
Tommaso Marinetti, (ne pubblicò il Manifesto sul quotidiano
francese "Le Figaro") mira già dalle sue origini a una rivoluzione
totale del mondo, (con particolare riferimento al bagaglio culturale,
storico e artistico della società italiana e a innalzare e glorificare
l'avvento della modernità) non solo in campo estetico ed artistico
ma, di tutto ciò che è legato concretamente alla vita quotidiana
e abbracciò, tutte le discipline artistiche dalla letteratura al
teatro e alle arti visive (pittura e scultura) e dall'architettura
alla musica.
I futuristi erano affascinati
dal progresso tecnologico dei macchinari industriali, di tutto
ciò che riguarda le telecomunicazioni e i trasporti, in altre
parole, rifiutando la tradizione e opponendosi a ogni retaggio
della cultura del passato esaltavano tutto ciò che è legato alla
modernità, vale a dire, la velocità, le macchine, le metropoli,
i complessi industriali. Le idee del futurismo simili in certi
aspetti al pensiero dadaista influenzò la creatività di diversi
artisti europei tra i quali vanno ricordati in Francia, Marcel
Duchamp, Fernand Léger e Robert
Delaunay e in Russia i costruttivisti (come El Lissitskij e Vladimir
Tatlin), Kazimir Malevic, Natalja Goncarova.
Per quel che riguarda la pittura, il futurismo
nasce l'11 febbraio 1910 con la pubblicazione del Manifesto dei
pittori futuristi, firmato da Giacomo
Balla, Umberto
Boccioni, Carlo Carrà, Luigi Russolo e Gino
Severini.
Una delle principali caratteristiche
dei pittori e scultori futuristi era la rappresentazione del
movimento e della velocità, l'effetto sulla tela era di norma
raggiunto attraverso l'impiego di immagini ripetute con risultati
simili a quelli della fotografia stroboscopica o di una serie
di scatti fotografici realizzati in rapida sequenza e stampati
su una singola lastra, a dare l'impressione di un rapido movimento.
Una innovazione nella scultura futurista fu il ricorso
a materiali diversi inclusi e plasmati nella singola opera: furono
autori di sculture polimateriche Giacomo Balla e Fortunato
Depero, che aderì al futurismo nel 1915. Questi due artisti
crearono anche strutture mobili, anticipando certe soluzioni
dell'arte cinetica. Interessante per il nostro discorso è la
scultura in bronzo "Forme
uniche nella continuità dello spazio" del
1913, conservata presso il Civico museo d'arte contemporanea
(CIMAC) di Milano, in cui il futurista Umberto Boccioni intendeva
riprodurre plasticamente l'interazione tra i corpi e lo spazio
che li circonda.
I massimi interpreti dell'architettura futurista
furono Antonio Sant'Elia e Mario Chiattone. Autori
di elaborati e disegni avveniristici, che non furono mai realizzati,
anche a causa della morte precoce di Sant'Elia, ma, che in diversi
casi anticipavano alcuni risultati dell'architettura del dopoguerra.
Nel 1914 fu pubblicato il Manifesto dell'architettura futurista,
nel quale si glorificavano le nuove tecnologie, si proponeva l'impiego
di nuovi materiali e si auspicava la realizzazione di impianti
di servizio e di trasporto come l'ascensore e la metropolitana.
L'obiettivo era lo studio e la messa a punto di un'architettura
funzionale e adeguata al nuovo tenore di vita moderno.
Le geniali costruzioni disegnate da
Antonio Sant'Elia presentano espedienti architettonici che furono
effettivamente realizzate solo vent'anni più tardi, e altre che
ancora oggi godono di notevole fortuna: passerelle aeree tra
edifici, ascensori esterni, sviluppo verticale delle strutture
portanti, strade sopraelevate e sotterranee, ripartizione razionale
degli spazi.
Appassionato sostenitore di Benito Mussolini,
negli anni Venti Marinetti chiese il sostegno del regime fascista per
la corrente da lui fondata, così in breve tempo, con la quasi generale
adesione dei futuristi al fascismo tale movimento assunse connotazioni
nazionalistiche e fortemente antidemocratiche, identificandosi
con l'ideologia fascista, alla quale Marinetti aderì con entusiasmo.
Secondo diversi critici
la vita del movimento futurista si concluse verso la fine del
1914; altri critici e storici dell'arte parlano anche di un secondo
periodo futurista manifestatosi negli anni Trenta.
Il concetto di reciprocità tra arte e vita, la
tendenza ad inserire l'opera dell'artista nella dimensione sociale
e politica, il tentativo di fare interagire l'arte con l'ambiente
occupato dall'essere umano, si esprime anche attraverso gli oggetti
futuristici creati da Balla e Depero, autori di abiti, mobili e
strumenti musicali, infatti, nel 1916 i pittori e designer ante
litteram Giacomo Balla e Fortunato Depero pubblicano il manifesto "Ricostruzione
futurista dell'universo", in seguito, Depero fonda nel
1919 a Rovereto, la "Casa d'arte futurista Depero" in
cui disegna e realizza giocattoli, oggetti e soprattutto i famosi
arazzi e cuscini in intarsio di tessuto in conformità ad altri
simili lavori realizzati in fabbrichette disperse per l'europa
che operano in quegli anni contemporaneamente a Depero.
Rivolgendo ora, l'attenzione
alla mia produzione si evince che non ha nulla di rivoluzionario,
di opposizione al passato, ne si accosta al futurismo, piuttosto
non voglio per nessun motivo al mondo che qualcuno l'avvicini
collocandola politicamente all'ideologia fascista alla quale
aderì Marinetti e poi personalmente non ho mai conosciuto il
fascismo... quindi, non c'è motivo di associare la mia produzione
al movimento futurista. Il mio genere artistico probabilmente
riprende un dibattito esclusivamente italiano, tuttora aperto
e non risolto che risale addirittura al 1890 adeguato naturalmente
ai tempi attuali a cui va dato un nome una descrizione, una collocazione,
del quale importanti critici internazionali del valore di Achille
Bonito Oliva ne hanno verificato l'esistenza.
Interessante a questo proposito per ampliare il
discorso sull'argomento è discutere di quanto avvenne negli anni
Cinquanta e Sessanta. Negli anni Sessanta specialmente, si registra
il boom in Italia, una enorme produzione di oggetti di consumo
che appartengono alle sperimentazioni del design che porta una
denominazione nuova, appena nata, il "Made in Italy". La
domanda del mercato nazionale ed internazionale, in forte crescita
impone a progettisti e produttori un ricambio sempre più veloce
dell'offerta. Gli oggetti sono acquistati più per l'autografo,
la firma di chiara fama, che per un loro uso quotidiano, essi diventano
moderni simboli da esibire in pubblico a dimostrazione di una elevato
status sociale e culturale raggiunto, ma anche segno di rinascita
per una nazione che scoprirà che la modernità vuol dire benessere,
confort, migliore qualità della vita, cosi, in questo preciso momento
storico la categoria artistica che più degli altri vedono il trionfo
sono i progettisti, gli architetti e gli ingegneri prima, e i moderni
designer dopo. Il Made in Italy diventa garanzia di qualità e originalità dei
prodotti.
I fratelli Achille e
Piergiacomo Castiglioni Castiglioni
sono considerati i più autorevoli designer di questo secolo.
Dagli anni Cinquanta in poi progettano oggetti e ambienti,
con forme sempre diverse e sempre ottenute con una tecnica
di "stravolgimento" che fanno venire
in mente le creazioni dadaiste di Marcel Duchamp. Uno degli
esempi più famosi della produzione Castiglioni, vero
e proprio ready-made è la Lampada
Toio, composta
da un trasformatore di corrente, posto a vista dell'utente,
di un profilato d'acciaio sul quale il filo elettrico e fissato
con anelli da pesca e nastro adesivo e un faro d'automobile
per lampada, una letterale "mostruosità" di stile e
tecnologia, così viene definito all'epoca, questo prodotto,
da alcuni critici.
Un esempio tipico della
produzione di quegli anni e la "Poltrona
sacco" fatta
conoscere al grande pubblico da Paolo Villaggio che
interpreta il personaggio del ragionier Fantozzi.
La poltrona ricoperta in finta pelle e riempita da palline di
polistirolo è il tipico esempio di mobile "Pop",
aperto a qualsiasi utilizzo.
Un altro esempio e la "Poltrona
Blow" mobile culto degli
anni Sessanta, immancabile nei salotti più alla moda
e ai bordi delle piscine.
Altri esempi ancora, sono
rappresentativi del tentativo di unire arte e design e accomunare
questi alla vita quotidiana.
La "Sedia
per visite brevi" di Bruno
Munari è un caso tipico. Questo oggetto è simile
a una sedia classica, ma presenta una seduta inclinata di 45°,
ironica rappresentazione della vita che corre veloce, delle
ansietà e del stress della vita moderna che ruba il tempo.
Un altro esempio dell'uso
di oggetti comuni destinati ad altro scopo e utilizzati dalla
fertile mente dell'artista per creare cose nuove è rappresentato
dalla "Lampada
Falkland" di
Bruno Munari. La famosa lampada da soffitto è realizzata
con il tessuto elastico e tubolare delle classiche calze da donna
e da anelli metallici che danno forma e volume all'oggetto.
La seconda meta degli anni Settanta danno la luce
al "Postmoderno" categoria filosofica
nata in ambito accademico che diventa il caso più significativo
di promozione a fenomeno di moda del nostro secolo. Postmoderno è tutto
ciò che viene dopo il modernismo e si presenta per quel
che concerne il design italiano con caratteristiche del tutto originali.
Un esempio di produzione
postmodeno è rappresentata dalla "Poltrona
Proust" di Alessandro
Mendini si tratta di una poltrona di legno dallo stile
classico, imbottita e decoreta con macchie di colore dallo stile
decisamente divisionista.
Dall'autore dell'opera
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