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Taccuino Filosofia: i Sofisti

Molti problemi ai quali i filosofi presofisti non avevano saputo dare risposta esigevano una nuova formulazione ed è qui che interviene la "sofistica".

Il sofista in origine ad Atene era designato il maestro per eccellenza, il dotto in retorica, politica, grammatica, matematica, come per esempio Gorgia, Prodico, Protagora. Nei primissimi tempi i Sofisti erano ritenuti degni di plauso e meritevoli di rispetto e onore, ma, per le loro argomentazioni fatte d'ampie dissertazioni e libere idee apparentemente non soggette ad alcuna regola (se non a quella di riportare la vittoria nel dibattito) nel tempo acquistarono cattiva fama, di conseguenza nella seconda metà del quinto secolo a.C. al termine sofista si associò un nuovo significato, dal concetto negativo, denigratorio con il quale erano indicati due tipi distinti di individui: coloro che attraverso sottili e abili ragionamenti cavillosi e capziosi abbindolavano imbrogliando e ingannando gli interlocutori e i maestri di filosofia, politica ed eloquenza che insegnavano queste discipline a pagamento, essendo a quel tempo l'insegnamento a prezzo ritenuto scandaloso. Sotto l'impero romano in particolare dopo l'imperatore Adriano, con questo nome era indicato il retore greco al quale l'imperatore conferiva questo titolo insieme ad una cattedra pubblica.

Questo movimento filosofico molto complesso si divide in due filoni fondamentali:

    1. Quello empirico-pragmatico.
    2. Quello dialettico-retorico.

Rappresentante eminente del filone "empirico-pragmatico" è Protagora.
Rappresentante eminente del filone "dialettico-retorico è Gorgia.

Prodico si distingue da Gorgia e Protagora per la sua dottrina della sinonimica che indaga sull'esatto significato dei nomi: tale dottrina consiste essenzialmente nell'analisi semantica dei termini sinonimi e nella determinazione del loro significato univoco e preciso. Sotto questa luce Prodico quindi, può essere considerato come il predecessore della moderna filosofia analitica del linguaggio.

Le Nuove regole usate dai sofisti per valutare i fatti
I sofisti, a differenza dei precedenti filosofi greci, non si interessano più di cosmologia e non ricercano l' arché originario (il principio primo di tutte le cose), ma concentrano i loro discorsi sulla problematiche umane e antropologiche, analizzando questi concetti dal punto di vista gnoseologico (ciò che l’uomo può conoscere e ciò che non può conoscere), etico (ciò che è bene e ciò che è male per l’uomo) e politico (il quesito dello stato e della giustizia).

Secondo questo pensiero filosofico per sapere o conoscere cos'è moralità, giustizia, diritto, per conoscere che cos'è il santo, il buono, il giusto, bisogna saper distinguere la differenza tra l'essere santo, buono, giusto, dal non essere santo, buono, giusto, e perciò ciò che è da ciò che non è.

Non si può decidere del bene, o della bontà di una azione se non si sa se quest'ultima è una buona azione o non è una buona azione, e soprattutto se non si è in grado di mostrare il perché del suo essere una buona azione dal non essere una buona azione.

Per fare questo bisogna sapere distinguere tra ciò che è una buona azione o bontà, e da ciò che appare una buona azione.
In pratica bisogna saper distinguere l'essere dal non essere, la realtà dall'apparenza, la verità dall'opinione.

Le opinioni appunto, in quanto relative ai singoli soggetti e alle loro esperienze, finiscono per i sofisti, da essere comunque considerate valide ed equivalenti, di conseguenza per questi filosofi non esiste più un’unica verità poiché essa si frantuma in una miriade di opinioni soggettive.

Essere - non essere, vero - falso, realtà - apparenza divengono le questioni principali e di fondo con cui ci si deve confrontare e su cui bisogna essere nelle condizioni di discriminare e di discernere.


Sofista: in greco "sophistés", per info sul significato del termine consultare il Dizionario Illustrato Greco-Italiano di H.G. Liddell e R. Scott, sesta ristampa Settembre 1985, pag. 1175, edizione Le Monnier - Firenze

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